XIX Rapporto Censis sulla comunicazione

Il vero e il falso nella società di Internet

Nel 19° Rapporto sulla Comunicazione del Censis emerge un fenomeno che preoccupa più di due terzi della popolazione: il disfacimento delle categorie del vero e del falso, cancellate dalla prepotente diffusione dell’IA. Mentre non si ferma il boom della spesa delle famiglie per i dispositivi digitali (8,7 miliardi di euro aumento del 700% dal 2007) e i motori di ricerca, in particolare YouTube la fanno da padroni, la “dieta” mediatica degli italiani appare fortemente condizionata da questa nuova consapevolezza.

Si avverte un bisogno crescente di qualità e di indipendenza dell’informazione. La tecnologia sta modificando la produzione e la confezione delle notizie, l’intelligenza generativa è entrata nelle redazioni, assumendo sembianze ancora difficili da definire. Il caso di Google che paga degli editori per addestrare i propri dispositivi per imparare a scrivere articoli autonomamente è un segno dei tempi. La macchina dell’informazione sta modificando le sue logiche produttive, questo crea disorientamento non solo tra gli addetti ai lavori, ma più in generale nell’opinione pubblica. Le Fake news dominano l’orizzonte, creando “pezzi” di verità, allo scopo di indirizzare non solo i flussi elettorali e le elezioni, ma persino scelte economiche e geopolitiche che hanno un peso strategico sul futuro del Pianeta.

La gravità del fenomeno è comprovata dal primo report che il teologo e consulente di papa Francesco, Paolo Benanti ha redatto per l’esecutivo, denunciando i pericoli per la democrazia, legati al rapporto promiscuo di verità e falsità, tratto distintivo dell’ecosistema digitale che permea società, istituzioni e imprese. Esiste un problema di credibilità e affidabilità, che il comportamento degli utenti non nasconde. Nell’ultimo anno si è mantenuto stabile il livello di credibilità del media più mainstream, la TV. Sorprende la tenuta della cara vecchia radio, anche se l’approvvigionamento delle notizie, soprattutto nella fascia che va di 14 ai 30 anni si è spostata sui dispositivi mobili. Una migrazione che risponde alla velocità, cifra connotante di Internet.

Non a caso Instagram si impone come “l’enfant prodige” dei social considerato dal 15% degli utenti una fonte di informazione a tutti i livelli. In questo scenario, che sembra consolidare un trend antropologico netto, si stanno però facendo strada nuovi atteggiamenti. Il popolo degli internauti, ormai stordito dalla volatile superficialità che invade i siti di notizie senza fondamento, si rivolge con interesse all’informazione di qualità, che per il 74% del campione interpellato è giusto che non sia gratis.

Per questo devono avere spazio gli esperti, che possono aiutare l’ascoltatore e il lettore a interpretare la trama della complessità del mondo oggi. Torna fortunatamente a imporsi, in questa affannosa ricerca di affidabilità, il ruolo dei giornalisti che, come prevede l’etica della professione, devono verificare e confrontare con filtro critico le fonti per offrire materia di giudizio indipendente a un corpo collettivo, spesso disorientato e non sempre adeguatamente attrezzato per capire i retroscena legati a fatti ed eventi.

Non dimentichiamoci che una società che non trova spazio per la verifica delle fonti rischia di rimanere preda delle false narrazioni. “La speranza – commenta Luciano Floridi – è che l’IA piuttosto che uno specchio deformante della nostra esistenza, ci renda inquieti, ancora desiderosi di lottare per la verità, che impone una ricerca aperta che non ha mai fine”.

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