Dalle fredde lande svedesi approda su Netflix The Playlist, la docu-serie (diretta da Per-Olav Sorensen) che racconta in maniera coinvolgente, anche se un po’ romanzata, la nascita della celeberrima startup scandinava Spotify e della relativa app musicale, diffusissima nel mondo intero. La storia di fondo, dunque, è quella facilmente immaginabile: è il racconto, all’inizio degli anni Duemila, dell’ascesa nel mondo imprenditoriale del giovane Daniel Ek (Edvin Endre), che insegue un’idea rivoluzionaria e insieme al socio Martin Lorentzon (Christian Hillborg) lancia sul mercato un rivoluzionario servizio di streaming legale musicale totalmente gratuito, l’ormai famosissimo Spotify.

In un mercato musicale in quegli anni in profonda crisi, per via dei sistemi di download non legale e di pirateria legati a software come Napster e Pirate Bay, l’avvento della creazione di Daniel e Martin rivoluziona totalmente la situazione. Naturalmente, per gli aspiranti imprenditori di successo non sarà una strada in discesa tutta rose e fiori, ma dovranno affrontare avvincenti e impegnative sfide per centrare l’obiettivo.

The Playlist utilizza un metodo originale e innovativo per raccontare una storia che altrimenti, per sommi capi, si conoscerebbe già: in sei puntate la docu-serie svedese racconta sei punti di vista diversi; così, se quello della prima puntata è ovviamente riferibile proprio al protagonista Daniel Ek, dalla seconda vediamo le cose dal punto di vista del suo socio, Martin Lorentzon, altrettanto coraggioso e visionario come lui; la terza è improntata sull’avvocato che si occuperà delle questioni legali, la quarta sul discografico che introdurrà l’idea nel mondo dell’industria musicale, la quinta sul programmatore che dovrà utilizzare tutto il suo genio da “nerd” per realizzare il player (all’epoca apparentemente impensabile) in grado di far partire la musica appena l’utente clicca play, senza alcuna latenza di rete (contravvenendo così uno dei protocolli fondamentali su cui si basava internet).

L’ultima puntata, infine, ha un retrogusto amaro: ambientata in un prossimo futuro, mostra le difficoltà economiche di una cantante, amica d’infanzia di Daniel, che ha raggiunto il successo artistico ma non riesce a stare dietro alle bollette con i soli proventi di Spotify. La puntata, infatti, parla dei criteri di redistribuzione degli introiti (enormi) dell’azienda e del fatto che Spotify è servita soprattutto a introdurre la vecchia industria musicale nel mondo digitale, mentre Daniel, nel suo percorso imprenditoriale, si è via via liberato di tutti coloro che lo avevano aiutato. Forse la fine un po’ triste per una bella storia, ma la bella storia resta.

 

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