Intelligence, sicurezza e poteri dello Stato
Mario Caligiuri, professore ordinario di pedagogia presso l’Università della Calabria, dove dirige il master di Intelligence, promosso nel 2007 con Francesco Cossiga, oltre ad aver curato per la Treccani la voce intelligence è considerato uno dei massi esperti di cyber security. La raccolta curata da Rubbettino costituisce una pregevole testimonianza perché fa luce su un ambito per troppo tempo ammantato da una scarsa conoscenza e da false interpretazioni. “Negli ultimi decenni – spiega lo studioso – nel nostro Paese, c’è stata una marcata trasformazione della percezione dell’Intelligence.
A questo fenomeno hanno concorso diversi fattori: la ridefinizione dell’attività dei Servizi dopo la fine della Guerra fredda, la diversità dei tempi decisionali richiesti dalla globalizzazione, l’egemonia delle multinazionali finanziarie, l’invadenza della criminalità, la sovrabbondanza informativa e la sorveglianza di massa, le conseguenze degli attentati dell’11 settembre, le severe ricadute della crisi economica mondiale del 2007, l’immigrazione di massa, il fondamentalismo islamico che dal 2014 al 2017 ha sconvolto l’Europa. Da qui una triplice trasformazione dell’Intelligence: da luogo oscuro dello Stato ad arma segreta delle democrazie, da sistema di previsione del futuro a strumento di interpretazione del presente, da metodo esoterico per pochi a processo di comprensione delle informazioni per tutti. In tale quadro si colloca la legge di riforma del settore del 2007.
Quattro anni prima, nell’ambito di una riflessione sullo stato dell’arte degli studi accademici sull’Intelligence in Italia, avevo constatato una serie di ritardi nello sviluppo della cultura della sicurezza, sul piano scientifico, editoriale e culturale. Da allora, i settori di studio sull’Intelligence si sono ampliati: oggi, in Italia, sono quattro le aree di approfondimento in ambito accademico, per lo più master in Cyber Security, Criminologia, Intelligence economica e Big Data Analytics”. Lo studio racconta questa trasformazione, che ha determinato un cambio di passo anche sul terreno delicato della formazione. L’Università della Calabria ha saputo fare da apripista coinvolgendo una molteplicità di figure professionali. Tappa importante, ricordata dallo stesso Caligiuri il 2018, è l’anno in cui ha preso il via la Laurea Magistrale ed è stata istituita la Società Italiana di Intelligence (Socint), la cui priorità è fare di questa disciplina una materia di studio negli atenei del nostro Paese. Nel 2020 Socint è diventata anche casa editrice: da allora le sue pubblicazioni sono cresciute in quantità e qualità.
Nel 2021 la Laurea Magistrale in Intelligence e analisi del rischio è stata trasformata in Laurea Magistrale in Intelligence per la legalità e la tutela del patrimonio culturale e archeologico. Per la prima volta in Italia, inoltre, l’Intelligence è divenuta corso di specializzazione in un Istituto Tecnico Superiore. Aspetto non secondario se si considera la guerra dei talenti e dei saperi che si sta combattendo sul fronte della transizione digitale. Importante il nesso tra l’intelligence, definita “sapere sociale” e la Sicurezza, anche su questo aspetto Caligiuri mostra di avere le idee molto chiare: “la prima regolamentazione legislativa dei nostri Servizi fu stimolata dalla sentenza della Corte Costituzionale secondo cui la sicurezza è un diritto preminente, che precede e consente l’esercizio di tutti gli altri. Dice bene Giorgio Galli secondo cui l’Intelligence non è uno Stato nello Stato, una “quinta colonna”, ma è quella parte dello Stato che stabilizza il sistema democratico, a prescindere dall’alternanza al potere delle maggioranze parlamentari.
Se riflettiamo su questi temi l’Intelligence è sostanza stessa della democrazia e la preserva dalle fisiologiche degenerazioni. Oggi siamo di fronte a uno spill-over, un salto di specie, una frattura epocale, una metamorfosi irreversibile. Per esemplificare il concetto potremmo riferirci al bruco nell’atto di trasformarsi in farfalla. Non sappiamo se le categorie culturali, finora sperimentate, ci aiuteranno a comprendere il nuovo che avanza e che ancora abbiamo difficoltà a cogliere. Sappiamo però che serviranno visioni del futuro per capire quello che sta realmente accadendo. Ha ragione Moisés Naím quando afferma che la trasformazione in atto più potente è quella del potere. Il potere è uno strumento organizzativo necessario nella società e risulta efficiente quando rappresenta una garanzia, non certo quando degenera in arbitrio. Sarà bene riflettere su questo passaggio se ci sta a cuore la salute e la qualità della democrazia”.