Un vestito rosso segno della libertà e dell’amore, non del sangue portare di morte.  Si può cambiare verso ad una storia che appare già scritta. Sara ce l’ha fatta, ha denunciato, ha superato la paura, segregata e violentata, ha reagito, riconquistando l’orizzonte della libertà.

Ha trovato un giudice equo, un avvocato non maschilista, ha trovato la maturità del corpo collettivo spesso sordo al cambiamento. “Sono un milione e 500mila le donne che subiscono violenza, ventimila denunciano, quante ne escono vive?” Si chiede Agnese Scappini, psicanalista, saggista e scrittrice, che ha studiato tanti casi di sopraffazione e violenza. Nel video che pubblichiamo c’è il dramma e la speranza, la rabbia e l’orgoglio di una consapevolezza che può fa ben sperare, anche se il quotidiano rimane lastricato di fatti incresciosi, che ancora offendono la dignità dell’individuo, il nostro essere donne e uomini, la nostra essenza.

La testimonianza raccolta da Agnese è un pugno nello stomaco che fa riflettere. La storia di Sara è quella di tante donne cui un rapporto tossico ha tolto ossigeno e libertà. Difficile riemergere dall’abisso se non si trova la forza di capovolgere vecchi stereotipi, se non si parla, se non si riscopre che gli uomini, buoni e cattivi, sono tutti figli di donne, madri, che hanno generato la vita.

La donna è l’essenza, l’origine, come scriveva Pirandello, l’uomo è la maschera, la forma, la finzione, l’inautentico, la sovrastruttura. Occorre ritrovare quella verità, che diceva Omiccioli è “nel cuore della madre”. “Perché non me ne sono accorto in tempo” si rammaricava il grande pittore del Novecento. Anche noi commettiamo lo stesso errore, smarriamo il senso dell’origine, confondendo amore e possesso, dono e schiavitù. L’amore può essere più forte, se articolato con linguaggio autentico. Il coraggio serve per denunciare, la ragione per ritrovare il dialogo almeno per tentarlo, la comprensione per riannodare i sentieri interrotti di “una umanità che non sa essere umanità”, come sostiene il grande sociologo Edgar Morin nei suoi ultimi scritti.

Le donne devono riscoprire anche il valore dell’alleanza. Come fece Lisistrata, protagonista della celebre commedia di Aristofane, che propone alle altre compagne di negare qualsiasi attenzione ai maschi combattenti, allo scopo di fermare quella guerra nel Peloponneso, che stava assumendo le sembianze di una lacerante guerra civile, che stava spossando la Grecia antica. Si può fare anche oggi, donne per le donne, alleate nel lavoro e non inutilmente rivali. Donne per uomini finalmente educati alla libertà, maturi nel comprendere che si può essere lasciati, vivendo la perdita come possibilità di riscatto, non come meccanismo per l’esercizio di vendette orribili, che creano lutti e nuovi orfani.

L’abbraccio di ogni madre vince la violenza, vince il tempo e lo spazio, icona vivente, di un tempo fecondo di messi che inizia nell’amore che muove il sole e le altre stelle, osservando un canone che non può contemplare la violenza e la morte.

Agnese Scappini ci chiama ad essere testimoni di un tempo nuovo, in cui esercitando i codici dell’amore autentico, della giustizia e del rispetto, possiamo arginare il male, sanando il sacrificio del corpo e la morte dell’anima.

Video di Agnese Scappini

Articolo di Massimiliano Cannata

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