Clusit – Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica – ha presentato la sedicesima edizione del Rapporto Clusit sulla sicurezza ICT in Italia e nel mondo.
«Il Rapporto CLUSIT 2021 inizia con una panoramica degli eventi di cyber-crime più significativi avvenuti a livello globale nel 2020, confrontandoli con i dati raccolti nei 4 anni precedenti. Nell’anno della pandemia si registra il record negativo degli attacchi informatici: a livello globale sono stati infatti 1.871 gli attacchi gravi di dominio pubblico rilevati nel corso del 2020, ovvero con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell’economia e della geopolitica.
In termini percentuali, nel 2020 l’incremento degli attacchi cyber a livello globale è stato pari al 12% rispetto all’anno precedente; negli ultimi quattro anni il trend di crescita si è mantenuto pressoché costante, facendo segnare un aumento degli attacchi gravi del 66% rispetto al 2017. Proprio la pandemia ha caratterizzato il 2020 per andamento, modalità e distribuzione degli attacchi: il 10% degli attacchi portati a termine a partire da fine gennaio è stato a tema Covid-19. In particolare, i cybercriminali hanno sfruttato la situazione di disagio collettivo, nonché di estrema difficoltà vissuta da alcuni settori – come quello della produzione dei presidi di sicurezza (ad esempio, delle mascherine) e della ricerca sanitaria – per colpire le proprie vittime. Diverse operazioni di spionaggio sono state compiute a danno di organizzazioni di ricerca correlate con lo sviluppo dei vaccini. Nello specifico settore della Sanità, il 55% degli attacchi a tema Covid-19 è stato perpetrato a scopo di cybercrime, ovvero per estorcere denaro; con finalità di “Espionage” e di “Information Warfare” nel 45% dei casi. Gli attacchi registrati nel 2020 sono stati classificati anche in base ai loro differenti livelli di impatto, sulla base di una valutazione dei danni dal punto di vista geopolitico, sociale, economico (diretto e indiretto) e di immagine. Nel 2020 gli attacchi rilevati e andati a buon fine hanno avuto nel 56% dei casi un impatto “alto” e “critico”; il 44% è stato di gravità “media”.
Tra i settori colpiti da attacchi cyber gravi negli ultimi dodici mesi, spiccano (in ordine decrescente): “Multiple Targets”: 20% del totale. Si tratta di attacchi realizzati in parallelo verso obiettivi molteplici, spesso indifferenziati, che vengono colpiti “a tappeto” dalle organizzazioni cyber criminali, secondo una logica “industriale”. Gli attacchi verso questa categoria di obiettivi sono tuttavia in calo del 4% rispetto al 2019; Settore Governativo, Militare, Forze dell’Ordine e Intelligence, che hanno subìto il 14% degli attacchi a livello globale; Sanità, colpita dal 12% del totale degli attacchi; Ricerca/Istruzione, verso cui sono stati rivolti l’11% degli attacchi; Servizi Online, colpiti dal 10% degli attacchi complessivi. Sono cresciuti, inoltre, gli attacchi verso Banking & Finance (8%), Produttori di tecnologie hardware e software (5%) e Infrastrutture Critiche (4%).
Inoltre è stato registrato nel corso degli ultimi dodici mesi un incremento di attacchi veicolati tramite l’abuso della supply chain, ovvero tramite la compromissione di terze parti, il che consente poi a criminali e spie di colpire i contatti (clienti, fornitori, partner) dell’obiettivo, ampliando notevolmente il numero delle vittime e passando più facilmente inosservati.
Nel 2020 gli attacchi cyber sono stati messi a segno prevalentemente utilizzando Malware (42%), tra i quali spiccano i cosiddetti Ransomware – una tipologia di malware che limita l’accesso ai dati contenuti sul dispositivo infettato, richiedendo un riscatto – utilizzati in quasi un terzo degli attacchi (29%), la cui diffusione è in significativa crescita (erano il 20% nel 2019), sia in termini assoluti che in termini di dimensioni dei bersagli e di ammontare dei danni. Seguono le “tecniche sconosciute” (in riferimento alle quali prevalgono i casi di Data Breach, per il 20%), mentre Phishing & Social Engineering continuano ad essere la causa di una buona parte degli attacchi (15% del totale); si registra inoltre negli ultimi dodici mesi una crescita degli attacchi sferrati per mezzo di vulnerabilità note (+ 10%), precedentemente in calo (-29% nel 2019 rispetto al 2018).
“Le minacce cibernetiche rappresentano ormai un rischio estremamente serio per Governi, pubbliche amministrazioni, aziende e cittadini” commenta Sofia Scozzari, membro del Comitato Scientifico Clusit e co-autrice della ricerca. “La varietà, la determinazione, la capacità tecnica e in alcuni casi la ‘cattiveria’ degli attaccanti hanno raggiunto livelli inauditi, e impressionano a maggior ragione nel contesto della crisi sanitaria globale che stiamo vivendo”.
“La crescita straordinaria delle minacce cyber, in particolare nell’ultimo quadriennio, ha colto alla sprovvista tutti gli stakeholders della nostra civiltà digitale, e rappresenta ormai a livello globale una “tassa” sull’uso dell’ICT che arriva a duplicare il valore del PIL italiano stimato nel 2020 , considerando le perdite economiche dirette e quelle indirette dovute al furto di proprietà intellettuale. È urgente che siano ripensate a fondo le logiche di contrasto e mitigazione di queste minacce, e siano messe in campo le risorse necessarie ad impedire che l’adozione sempre più spinta e capillare dell’ICT, di per sé auspicabile, possa trasformarsi in un boomerang sul piano geopolitico, sociale ed economico” sottolinea Andrea Zapparoli Manzoni, membro del Comitato Direttivo e co-autore dell’analisi Clusit.
“I dati presentati oggi ci mostrano ancora una volta che l’accelerazione continua del cyber crime ha un impatto sempre più elevato sulla nostra società”, afferma Gabriele Faggioli, presidente di Clusit. “Lavoriamo a fianco delle istituzioni per promuovere un processo virtuoso di crescita tecnologica, che parta dalla formazione in età scolastica, passando dal supporto delle start up, alla 2 Ovvero, un valore pari a 1.651.595 milioni di euro, stima Istat condivisione di sapere e collaborazione tra pubblico e privato, al fine di garantire continuità sociale ed economica”, conclude Faggioli».