Proseguono le azioni di contrasto nel sudest asiatico volte a combattere il fenomeno del cryptojacking, come riporta l’Interpol nel report di ieri, grazie alle quali si è riuscito a ridurre il numero di dispositivi infettati in tutte le regioni.
Si è trattato di una massiccia operazione soprannominata Goldfish Alpha, che ha coinvolto dieci diverse forze di polizia in altrettanti paesi dell’Asia ed ha portato ad identificare circa 20mila router MicroTik infettati da cryptojacking, un’insidiosa forma di cryptomining che converte il dispositivo in un generatore di criptovalute, poiché permette di installare un codice malevolo sui terminali delle vittime. Solitamente ad essere minata è la crypto Monero (XMR), scelta per la sua caratteristica di garantire una maggiore privacy.
TrendMicro ha stilato e distribuito un documento di orientamento per aiutare le vittime a correggere la vulnerabilità e a disinstallare coinhive, il software malevolo. Sembra che al momento solo il 78% dei router infetti sarebbe stato riparato, le autorità sono quindi ancora al lavoro per risolvere definitivamente la minaccia. In realtà il fenomeno si può prevenire grazie ad appositi plug-in o con i consueti antivirus che garantiscono una maggiore protezione ai dispositivi informatici.
Il controllo a tappeto è stato reso possibile anche grazie al supporto di enti privati, infatti ad affiancare l’Interpol in questa operazione, c’era il Cyber Defense Institute che ha sottolineato quanto la capacità di coordinamento tra forze di polizia e organizzazioni attive nel campo della sicurezza informatica sia diventata al giorno d’oggi di cruciale importanza.
Senza il loro aiuto non sarebbe stato possibile riuscire a contrastare questo fenomeno, come ribadito dal direttore del dipartimento cyber crimine dell’Interpol, Craig Jones:
“Di fronte a crimini informatici emergenti come il cryptojacking, bisogna tener presente l’importanza di una solida collaborazione tra le forze di polizia e l’industria della sicurezza informatica. Combinando le competenze e i dati sulle minacce informatiche del settore privato con le capacità investigative delle forze dell’ordine, possiamo proteggere al meglio le nostre community da qualsiasi genere di crimine informatico”.
Grazie all’operazione Goldfish Alpha, si è raggiunto un livello di sicurezza maggiore e più consapevolezza del rischio riguardo questo tipo di attacchi, anche in zone come quelle colpite (Cambogia, Indonesia, Filippine, Brunei, Laos, Singapore, Tailandia, Malesia, Myanmar e Vietnam) che non possono contare su una conoscenza tecnologica all’avanguardia per affrontare casi come questo.