Il saggio di Massimiliano Valerii, filosofo e direttore generale del Censis comincia offrendo al lettore una grande suggestione. A Treviri nel maggio nel 1968 Ernst Bloch, in un’aula gremita di giovani studenti, pronuncia il discorso di commemorazione di Karl Marx nella giornata del centocinquantesimo anniversario della sua nascita. Il suo intervento è un elogio della dignità e della speranza, che occorre difendere e coltivare se vogliamo avere un posto nel mondo. Con parole che
affascinano il grande pensatore si rivolge all’uditorio in estasi: “dobbiamo camminare eretti, quel camminare che non ancora si ha in senso giusto”. Il riflesso potente delle considerazioni di Bloch si proietta su un’attualità che vede l’individuo sofferente, troppo spesso schiacciato nella sua libertà di pensiero e di azione. “Bloch – spiega Valerii – è l’uomo che mette al centro della storia la forza dell’immaginario. Nella sua filosofia la speranza è il fondamento ontologico dell’esistenza. Egli si è contrapposto alla corrente fredda del marxismo tutta economicismo, una corrente calda fatta di umanesimo reale”. A dispetto del “declinismo” imperante, si può provare a invertire la rotta. “Siamo baciati dall’infinito dobbiamo solo averne consapevolezza, per spezzare le tenebre della notte di un’epoca e riconquistare un lembo di futuro”. La scintilla prometeica che può squarciare le tenebre è la filosofia a porgerla, una terapia dell’anima e della mente che dobbiamo tornare a praticare.
Evidentemente nella società del rischio, per usare una definizione di Beck non solo è lecito, ma addirittura risulta necessario sognare. “La crisi che stiamo vivendo ha un fondamento materiale, strutturale: il blocco dei processi di mobilità sociale ascensionale – prosegue lo studioso – L’ascensore sociale si è inceppato: scende, ma non sale. Si è rotto cioè il patto sociale che aveva guidato il nostro sviluppo dal dopoguerra in avanti, per oltre mezzo secolo. La tacita promessa per cui generazione dopo generazione si sarebbero migliorate le condizioni di benessere materiale”. Ma la crisi ha anche una base immateriale, non meno importante se pensiamo al naufragio delle tre grandi narrazioni entro le quali l’Occidente aveva provato a costruire la sua identità. Il sogno di trovare una nuova patria in una Europa unita senza più frontiere, mentre poi c’è stata l’Europa matrigna dell’austerity e la Brexit. L’apologia della globalizzazione, mentre poi abbiamo scoperto i forgotten men di Trump. La convinzione che Internet e la rivoluzione digitale avrebbero diffuso conoscenza e democrazia ai quattro angoli del pianeta, mentre oggi parliamo di fake news, censura e propaganda sul web”. Il risultato è un enorme spaesamento, cui occorre porre rimedio. La filosofia, tornare a ragionare in una società travolta dalla fretta e dalla superficialità può essereunachiaveimportanteperritrovareil“filodeldiscorso”.Valeriicrede profondamente alla funzione di una disciplina che per troppo tempo era stata relegata a un ruolo di secondo piano, soprattutto nella fase della grande euforia tecnologica che tendeva a innalzare i profili tecnici e gli studi di matrice ingegneristica. La filosofia, per dirla con le stesse parole dell’autore può essere un antidoto per guarire dalla terribile “deflazione delle aspettative”. Quando il disordine e lo smarrimento prendono il sopravvento, per cercare risposte si ricorre non a caso ai classici. Hanno il pregio di poter essere letti e riletti continuamente, perché hanno qualcosa da dire in ogni epoca e non esauriscono la loro capacità di influenza. Le loro pagine ingialliscono, ma non invecchiano, e si rivelano sorprendenti soprattutto nei tempi di crisi. Brillano nel buio, rischiarano le ombre”. Nel testo probabilmente per questo viene riproposta la rilettura di alcuni grandi riferimenti del pensiero, il tutto è giocato non in maniera sistematica, ma per balzi e suggestioni. Il lettore può trarre ispirazione da queste sollecitazioni, per uscire dall’oscurità e vedere lo stato delle cose sotto un cono di luce che possa profilare nettamente le sagome che al momento appaiono tutte sfocate.
“Grande è la ricchezza di un’epoca in agonia”
Non va neanche sottovalutata la complessità di questa fase storica, perché può essere foriera di positività oltre ogni aspettativa. “Grande è la ricchezza di un’epoca in agonia”, aveva scritto Bloch. Aggiungeva poi che l’uomo non vive di solo pane, soprattutto quando non ne ha. Quando il pane scarseggia, materialmente e metaforicamente, proprio nelle situazioni di grave crisi, gli uomini consumano più immaginario. Significa che è proprio nelle fasi più difficili che la fantasia non deve essere sottoalimentata di immagini e simboli. Siamo di fronte a una nuova frattura della storia. L’auspicio dell’autore, che facciamo nostro è quello di tornare a camminare eretti, “perché l’infinito è in noi”. Le giovani generazioni, spesso ignorate e sottovalutate dalla politica, anche per motivi quantitativi, possono riuscire a far proprio questo stimolo e a modificare un assetto di sistema che sottovaluta le intelligenze e i talenti. “So bene – scrive nelle pagine conclusive l’autore – che oggi il ventaglio delle opportunità esistenziali dei giovani si è molto ristretto. E so bene anche che il futuro spesso ci inganna, ci seduce e poi ci tradisce, perché i sogni possono rivelarsi delle chimere e i desideri non avverarsi. Ma a loro vorrei raccomandare di non perdere l’ardore di futuro. Per curare l’inquietudine collettiva e l’insoddisfazione personale abbiamo bisogno di un progetto di redenzione: di fare qualcosa che ci migliori e ci renda più soddisfatti di noi stessi. È questa la molla per dispiegarsi nel futuro”.