Il futuro del pianeta si gioca su una concezione sempre più allargata della sicurezza. Le minacce hanno cambiato profilo per assumere i lineamenti dei cyber crimine. Il G7 e il vertice di Bruxelles che ne è seguito hanno messo in primo piano il tema della cyber security. Se da un lato il covid è intervenuto a ridisegnare gli equilibri geopolitici, dall’altro è il presidio tecnologico, non più la disponibilità delle armi tradizionali, che detta l’agenda dei governi. A conferma di questo il viaggio di Biden in Europa si concluderà con l’incontro di Ginevra con Putin, proprio per trovare con la Russia un’intesa sul terreno delicato dei cyber attacchi, che hanno reso permeabile la superpotenza a stelle e strisce, preoccupata dell’escalation cinese. “Gli stati Uniti – ha detto il politologo e saggista Robert Kaplan – vogliono garantirsi che gli hacker non diano ulteriori problemi e hanno per questo bisogno in Asia Centrale per non perdere del tutto il controllo dell’Afghanistan. Dal canto suo la Russia vuole liberarsi dal soffocante abbraccio di Pechino e trovare nuove sponde nell’Occidente”. E’ evidente che lo sviluppo di Internet e la sua regolamentazione hanno molto a che fare con la democrazia, tanto tempo è passato da vertici dominati dal clima della guerra fredda. In quel mondo, che non esiste più, la sicurezza era un fatto difensivo, frontiere e filo spinato eretti a protezione dei confini avevano separato l’Est e l’Ovest in un bilanciamento della paura reciproca, erto a garanzia di pace. Oggi quella stessa pace va ricercata attraverso il controllo delle reti infrastrutturali di comunicazione, la gestione dei dati, la capacità di presidiare le intrusioni tecnologiche. Un canone inverso che impone dei tempi diversi alla politica e alle scelte di natura industriale e commerciale. “Alt alle autocrazie che inquinano l’informazione – ha commentato il premier Draghi a conclusione dei lavori del G7 – interferiscono nei processi elettorali, usano la disinformazione, fanno fermare gli aerei in volo, rapiscono, uccidono, non rispettano i diritti umani, usano il lavoro forzato uccidono”. Cooperazione, competizione e franchezza dovranno caratterizzare i rapporti tra gli stati, bisognerà condividere prima di tutto una visione del mondo, che ha il suo fulcro sui diritti universali dell’individuo e su un’adeguata governance dello sviluppo scientifico e tecnologico.
Sono tanti i segnali che vanno in questa direzione. Per rimanere alle nostre latitudini bisogna prendere in esame la nascita dell’agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), destinata ad aprire un interessante orizzonte sulla prevenzione, l’analisi e il contrasto delle minacce digitali. L’iniziativa del governo risponde a una precisa sollecitazione espressa dal Consiglio europeo dello scorso novembre che aveva invitato l’Italia a dotarsi di un’infrastruttura che potesse rafforzare la protezione degli asset intangibili, che contengono un patrimonio prezioso di know-how e di informazioni sensibili.
Il cyber spionaggio, come è emerso molto bene in occasione del confronto bilaterale tra USA e UE, la “guerra delle informazioni” che si combatte a diversi livelli, condizionando il libero esercizio della stampa e il diritto di cronaca sono aspetti particolarmente preoccupanti in un quadro geopolitico sempre più articolato. In un contesto per definizione mutevole per attuare e definire delle adeguate contromisure bisognerà maturare un percorso di collaborazione intergovernativo che vedrà impegnata la neo agenzia, le strutture del DIS, l’intelligence, la polizia postale, i nuclei speciali dell’arma dei carabinieri che costituiscono la frontiera avanzata della cyber security. La sfida sarà quella di trovare un bilanciamento sostenibile tra la libertà, che innerva e nutre le democrazie, e la sicurezza, che ne sono precipuo fondamento.
E’ bene ricordare che nella società dell’informazione non esistono target “protetti”, per questo sarà necessario un aggiornamento costante dei saperi e delle professionalità non solo per gli esperti del settore, ma anche per il management pubblico e le classi dirigenti che si trovano di fronte a un mutamento profondo dell’idea tradizionale di sicurezza, mentre si sta compiendo un processo radicale di trasformazione che investe l’universo del lavoro e delle imprese. Le “catastrofi” che sono un tratto distintivo di questo cambiamento d’epoca, impongono di sviluppare la capacità di agire su scala ipotetica, di interpretare quei segnali deboli, da cui si generano le criticità. Lo spazio-tempo “mutante” della dimensione virtuale non è “recintabile”, è un luogo che va presidiato con gli strumenti della fisica teorica e della scienza probabilistica. Serviranno competenze, strategie, oltre alla disponibilità di una sofisticata strumentazione se vogliamo vincere la difficile partita contro organizzazioni transnazionali, che vivono la rete in una dimensione omeopatica. I “nuovi” criminali conoscono segreti, potenzialità, anche i meccanismi più nascosti del web. Mettere a repentaglio gli equilibri geopolitici insieme alla sicurezza e alla tranquillità dei cittadini in ogni angolo del globo è dunque una possibilità reale, rispetto a cui attrezzarsi sempre meglio rappresenta una necessità non più derogabile.
Autore: Massimiliano Cannata