Lisa Dolcini, marketing manager di Trend Micro Italia, sottolinea l’importanza dell’apporto femminile nel campo strategico della cybersecurity. “C’è molto da fare per un’effettiva parità, non solo sul terreno delle politiche pubbliche e nel ridisegno di un nuovo welfare – spiega – perché è la mentalità delle aziende che deve cambiare. La discriminazione è il retaggio di un’incultura, non più tollerabile, perché oltre a mortificare la sfera dei diritti dell’uomo toglie competitività al tutto il sistema-paese”.
Dott.ssa Dolcini, cominciamo da una vostra eccellenza che sta proprio ai piani alti. Eva Chen, CEO di Trend Micro è stata inserita tra i 100 leader IT più importanti al mondo. Una donna ai vertici, al di là dei tradizionali schematismi fondati sulla cultura del pregiudizio e della discriminazione. Cosa vuol dire questo riconoscimento per l’universo femminile?
Eva Chen oltre ad essere CEO è anche una delle fondatrici di Trend Micro, per cui credo a maggior ragione che questo riconoscimento possa rappresentare
una soddisfazione per tutta l’azienda, per il valore riconosciuto al suo valore e all’impegno e attenzione posti all’uguaglianza di genere all’interno della
società.
Close the gap è un progetto di Trend Micro finalizzato a colmare la differenza di genere (ne stanno nascendo molti anche in seno alle Università, di cui riferiremo in questo numero della rivista). “Viviamo in un mondo nel quale le donne sono doppiamente povere, per la loro fatica a entrare nell’universo del lavoro e viverci”. La voce autorevole del Papa si è sollevata in una denuncia che tutti dovremmo fare nostra. Quali sono le finalità del progetto e come intende smuovere quella mentalità retriva che di fatto frena l’innovazione nelle imprese e nelle istituzioni?
Close the gap è un programma che ricade nell’orizzonte delle iniziative formative che stiamo portando avanti. Lo scopo precipuo è quello di supportare le donne nella ricerca lavorativa. Opera in tutto il mondo con associazioni che hanno questo stesso obiettivo. Bisogna tenere presente che oggi esiste un enorme divario di competenze nella tecnologia, specialmente nel settore della sicurezza informatica. La nostra azienda ritiene, in particolare, che le donne e una forza lavoro diversificata possano e debbano essere il futuro della sicurezza informatica poiché la diversità è la chiave dell’innovazione e dei progressi. In quest’ottica Trend Micro si impegna ad aiutare le donne e altri talenti ad apprendere le competenze di cui hanno bisogno per far avanzare le loro carriere, creare collegamenti e assicurare posti di lavoro all’interno dell’azienda, dei partner o altre organizzazioni. Importante a questo proposito ricordare la collaborazione con Girls in Tech, un’organizzazione no-profit, per promuovere la consapevolezza e le opportunità di formazione per le donne, nelle carriere tecnologiche in tutto il mondo. Altro aspetto che merita attenzione il “Cultural Shift”, definizione che serve a sottolineare come la cyber security sia un settore che richiede collaborazione per la progettazione. Non ci sono problemi di sicurezza risolti o soluzioni progettate da una sola persona o genere.
La Cyber security è un ambito che siamo abituati a considerare come prettamente maschile. Sta realmente cambiando qualcosa in questo ambito ritenuto ormai strategico?
Sempre più spesso, anche grazie ai programmi STEM e organizzazioni come Girls in Tech o Women for Security, la presenza femminile si sta accreditando anche in quegli ambiti storicamente ritenuti roccaforti maschili, tra cui la Cyber Security. Vedere sempre più spesso presenze femminili ai vertici di aziende IT o in posti di responsabilità di settori come la security dimostra che il cambiamento, soprattutto di mentalità, è iniziato anche se c’è ancora molto da fare.
L’emergenza sanitaria e il massiccio ricorso allo smart working secondo i dati diffusi dal Censis hanno reso ancora più difficile la vita alle donne. Le tecnologie non sono dunque una opportunità di liberare il tempo, perché possono creare nuove imprevedibili forme di “schiavitù”. Qual è il suo giudizio in merito, anche alla luce della sua esperienza di manager?
Il bilanciamento della vita privata e quella professionale è sempre stato una delle difficoltà maggiori incontrate dalle donne che lavorano, questo momento che possiamo definire “eccezionale” ha solo estremizzato ed enfatizzato un problema storico. Lo smart working ha dilatato il tempo dedicato al lavoro; al contempo, il lockdown ha richiesto un’attenzione e un effort maggiore per la gestione dei figli e delle attività domestiche. Il tutto nello stesso arco temporale, perciò si è rilevato tutto più difficile.
Sul terreno molto dibattuto della riforma del welfare e del work life balance molto deve essere ancora fatto, basti pensare che nell’ultimo anno 37 mila donne hanno lasciato il lavoro quest’anno dopo la prima gravidanza. Un dato certamente allarmante. Ritrovarsi così indietro sulle politiche di conciliazione risulta mortificante non crede?
Ritengo ci siano diversi ambiti su cui si dovrebbe lavorare; non solo politiche di supporto alla famiglia e di conciliazione ma anche il cambio di mentalità
all’interno delle aziende. Basti pensare quanto sia difficile ottenere un part time, mentre quando lo si ottiene, caso “fortunato”, spesso la contropartita è
il demansionamento.
La donna dell’anno “D” scelta dai lettori di La Repubblica è Anna Grassellino, 39 anni ingegnere elettronico, scienziata italiana che negli USA sta progettando il più potente computer quantistico mai creato al mondo. “Una di quelle donne – ha commentato la direttrice del settimanale Valeria Palermi – che ci rendono intollerabile la mediocrità”. Questo dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, la grande capacità di leadership che le donne possiedono.
Malgrado questo la disparità di salario e di trattamento rimane drammatica, così come rimane minimale la percentuale di donne al comando di aziende e istituzioni. Quali correttivi possono e devono essere messi in atto per voltare pagina?
Il problema della disparità salariale si somma alle tante questioni che ho cercato di evidenziare prima, tutte segnate da un approccio culturale che vede la gestione della famiglia completamente (o quasi) sulle spalle delle donne, salari più bassi e più difficoltà di carriera. È necessario cambiare mentalità, altrimenti la parità di genere diventa pura e semplice utopia.
In conclusione Le chiedo: è azzardato affermare che il profilo del security manager del futuro ideale sarà donna?
Mi piace definire il profilo del security manager del futuro senza “genere”, ma con competenze, conoscenze e capacità di sviluppare un piano di cybersecurity
e di risk management cucito sulle esigenze specifiche dell’azienda.
Autore: Massimiliano Cannata