Lo scorso 12 novembre la Commissione europea ha pubblicato i risultati dell’edizione 2021 dell’Indice di Digitalizzazione dell’Economia e della Società Digital Economy and Society Index – DESI, lo strumento utilizzato dal 2014 per monitorare e misurare, su una scala da 0 a 100, lo stato di avanzamento dell’Unione europea e dei Singoli Stati membri rispetto alle principali aree tematiche della politica digitale.
Ogni anno DESI include i profili paese che supportano gli Stati membri nell’identificazione delle aree che richiedono un’azione prioritaria, nonché capitoli tematici che offrono un’analisi a livello di tutte le aree digitali chiave, essenziali per sostenere le decisioni politiche.
L’Italia, per l’edizione 2021, si è collocata, nel complesso degli indicatori, al 20º posto fra i 27 Stati membri dell’UE, rispetto al 25° occupato nel 2020.In merito agli Open Data, le performance dell’Italia evidenziano che l’indicatore relativo – che misura l’impegno dei governi dei paesi membri verso gli Open Data e le politiche di apertura delle informazioni pubbliche – è passato da un punteggio di 76.7% per il 2019 a 86.9% per il 2020.
Rispetto agli altri ambiti dell’analisi, l’Italia ottiene risultati migliori rispetto alla media UE per quanto riguarda l’offerta di servizi pubblici digitali per le imprese e i dati aperti, meno nell’ambito delle competenze digitali e delle digital skill.
Per quanto riguarda il capitale umano, l’Italia si colloca al 25o posto su 27 paesi dell’UE. Solo il 42 % delle persone di età̀ compresa tra i 16 e i 74 anni possiede perlomeno competenze digitali di base (56 % nell’UE) e solo il 22 % dispone di competenze digitali superiori a quelle di base (31 % nell’UE). La percentuale di specialisti TIC in Italia è pari al 3,6 % dell’occupazione totale, ancora al di sotto della media UE (4,3 %). Solo l’1,3 % dei laureati italiani sceglie discipline TIC, un dato ben al di sotto della media UE. Le prestazioni dell’Italia sono più vicine alla media UE per quanto riguarda invece gli specialisti TIC di sesso femminile, che rappresentano il 16 % degli specialisti TIC (la media UE è del 19 %). Solo il 15 % delle imprese italiane eroga ai propri dipendenti formazione in materia di TIC, cinque punti percentuali al di sotto della media UE.
Nel 2020 l’Italia ha varato la sua prima Strategia Nazionale per le Competenze Digitali che definisce un approccio globale allo sviluppo delle competenze digitali per colmare i divari con gli altri paesi dell’UE e un Piano Operativo correlato che elenca oltre 100 azioni specifiche e fissa obiettivi ambiziosi per il 2025.
Nel corso del 2020 l’Italia ha compiuto vari progressi in termini sia di copertura che di diffusione delle reti di connettività, con un aumento particolarmente significativo della diffusione dei servizi di connettività che offrono velocità di almeno 1 Gbps, collocandosi, con un punteggio complessivo pari a 42,4, al 23o posto in termini di connettività tra gli Stati membri dell’UE.
Per quanto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali, l’Italia si è collocata al 10 dell’UE. La maggior parte delle PMI italiane ha un livello di intensità digitale almeno di base (69 %, ben al di sopra della media UE del 60 %). Le imprese italiane fanno registrare ottimi risultati nell’uso della fatturazione elettronica: il 95 % di esse la utilizza, un dato quasi tre volte superiore alla media UE.
Dal 2018 al 2020 la percentuale di imprese che utilizzano servizi cloud è aumentata notevolmente, raggiungendo il 38 % (rispetto al 15 % del 2018). Le prestazioni dell’Italia restano deboli in altre aree. L’uso dei big data è basso (sono utilizzati dal 9 % delle imprese italiane rispetto a una media UE del 14 %), come pure l’uso di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale (18 % delle imprese italiane, mentre la media UE è del 25 %).
Per quanto riguarda le tecnologie digitali avanzate, l’Italia è coinvolta in una serie di iniziative europee. È risultata uno degli attori dell’UE più attivi nel settore del supercalcolo/HPC. Il paese ospita supercomputer classificati tra i primi 500 sistemi al mondo (due rientrano tra i primi 20).
L’Italia si è collocata al 18o posto per quanto riguarda i servizi pubblici digitali. Nonostante i miglioramenti registrati, l’uso dei servizi pubblici digitali rimane relativamente basso. La percentuale di utenti online italiani che ricorre a servizi di e-government è passata dal 30 % nel 2019 al 36 % nel 2020.
Nel 2020 e nel 2021 si è registrata una forte accelerazione nell’adozione di importanti piattaforme abilitanti per i servizi pubblici digitali. Si sono registrati anche significativi progressi nella realizzazione dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR). Nel complesso, l’Italia ha continuato a migliorare i servizi pubblici digitali per i cittadini e le imprese e si prevede che le iniziative legislative intraprese promuovano l’adozione di piattaforme abilitanti da parte di tutte le amministrazioni pubbliche, comprese quelle locali.
In conclusione, l’Italia deve far fronte a notevoli carenze nelle competenze digitali di base e avanzate, che rischiano di tradursi nell’esclusione digitale di una parte significativa della popolazione e di limitare la capacità di innovazione delle imprese. La Strategia Nazionale per le Competenze Digitali rappresenta un risultato importante e un’opportunità per colmare questo divario. È fondamentale porre maggiormente l’accento sul capitale umano e proseguire gli sforzi in materia di istruzione, riqualificazione e miglioramento delle competenze e formazione sul posto di lavoro in settori ad alta intensità tecnologica.