Cyber Hell – Indagine su un inferno virtuale è un documentario prodotto da Netflix in Corea del Sud, ispirato a un recente caso di cronaca nera nel mondo del web. Il documentario si basa su un fatto di cronaca svoltosi principalmente su Telegram (app che prevede canali, gruppi e un sistema di messaggistica chat), e malgrado una portata di perversione e morbosità tali da sconvolgere chiunque ne sia venuto a conoscenza (e di solito la curiosità circa casi del genere fa da cassa di risonanza) è stato pressoché ignorato nel resto del mondo.
L’opera del regista sudcoreano è un documentario ma è strutturata come un film, anche perché tutto quello che si è verificato tra il 2018 e il 2020 è talmente clamoroso, a tratti persino quasi irreale, da sembrare la trama di una sceneggiatura: invece si tratta dell’ennesimo caso in cui la realtà ha superato le più cupe fantasie. In questo lungometraggio, il regista sudcoreano Choi Jin-seong segue le vicende di due studentesse universitarie, di un gruppo di giornalisti e dei poliziotti dell’unità crimini informatici che hanno compiuto indagini sulla cosiddetta “N Room”, un network criminale sul web su cui pendono accuse di sfruttamento sessuale. Il fatto di seguire da vicino soprattutto la storia dei poliziotti è indicativo di come Choi abbia voluto rappresentare specialmente il lavoro che attende le forze dell’ordine di oggi e del futuro in tema di cybercrime.
La storia di questa “N Room” (gestita dal nickname GodGod, l’inventore, e riprodotta da Baksa, un copycat) è allucinante, soprattutto perché coinvolge foto e video intimi di ragazze spesso minorenni, comprese in un range che va da “quasi maggiorenne” a “bambina delle elementari”. Materiale ripugnante ottenuto da un hacker con metodi fraudolenti e poi utilizzato per tenere sotto ricatto le ragazze stesse. La caccia alla rete criminale si è fatta ben presto serrata: quando si è arrivati all’ideatore del piano perverso, si è scoperto che era un “semplice” studente universitario, che però col suo piano diabolico aveva già fatto 103 vittime.
Basato su una serie di interviste, immagini di repertorio, filmati di animazione e ricostruzioni virtuali, il documentario si addentra in un mondo oscuro che sembra parallelo al nostro: un mondo di ragazze o bambine sottomesse e costrette a caricare contenuti sessuali espliciti riguardanti loro stesse su gruppi Telegram (e caricarne ripetutamente sempre di nuovi, con la minaccia di diffondere ad amici e parenti quanto già avevano caricato in precedenza o quanto l’hacker si era procurato con altri metodi); mentre dall’altra parte si vedono letteralmente decine di migliaia di utenti che sono disposti a sborsare cifre considerevoli, pagando in criptovalute, versandole sui conti dei gestori dei gruppi Telegram per ottenere l’accesso ai gruppi stessi e al materiale che vi veniva diffuso. A scoprire per prime il problema delle “N Room”, sono state due studentesse di giornalismo che, scegliendo di agire praticamente sotto copertura, si sono infiltrate in un mondo oscuro di uomini che obbligavano minorenni ad umiliarsi e subire ogni sorta di perversione sessuale online.
Un primo articolo sul caso non riesce però ad attirare l’attenzione pubblica su quanto stesse succedendo tra i giovani coreani; successivamente, però, quando sulla storia sono piombate le testate più importanti del paese, la polizia si è finalmente occupata del caso. Risalire alle identità di alcuni degli amministratori delle chat (il già citato “GodGod” e un altro utente che si firmava “il Dottore”) è stato però particolarmente difficile e complesso, e ci sono voluti mesi di indagini, intercettazioni e pedinamenti. Mesi in cui è emerso quanto la rete di criminali digitali fosse diffusa, numerosa e strutturata, e in cui sempre più ragazzine sono state adescate e coinvolte loro malgrado. Molte di loro ne ricaveranno traumi permanenti. La macchina da presa del regista asiatico racconta la storia di uno dei più atroci crimini digitali che abbiano mai sconvolto la Corea del Sud, dei sistemi di anonimato web che hanno fatto sì che il network criminale prosperasse e del coraggio delle vittime che hanno lottato per raccontare al mondo la verità.